martedì 22 gennaio 2019

Internet dipendenti, famiglia pugliese in casa da oltre 2 anni

Da due anni e mezzo una famiglia pugliese viveva chiusa in casa davanti al computer. Padre, madre e figlio 15enne non uscivano da due anni e mezzo e sopravvivevano, in pessime condizioni igieniche, solo grazie a merendine, biscotti e caramelle comprati dalla figlia di 9 anni, l’unica a lasciare ancora l’abitazione per andare a scuola. Il ragazzo aveva piaghe ai piedi, ormai infette, e non poteva più camminare. A scoprire la situazione di grave degrado sono stati i servizi sociali, allertati dalla scuola frequentata dalla bambina.

Il solo cibo che arrivava a casa era quello comprato dalla figlia più piccola quando rientrava dalla scuola, gli alimenti appunto che può scegliere una bambina di nove anni: dolci. Ai genitori, che vivevano grazie alla piccola pensione di invalidità del padre, andava bene così. Ci vuole un gran coraggio a continuare ad andare a scuola quando tutta la tua famiglia è sepolta dietro a un computer: la piccola faceva del suo meglio, ma il suo aspetto trascurato ha attirato l’attenzione degli insegnanti che si sono rivolti agli assistenti sociali. Ora tutta la famiglia è seguita da specialisti.

Il figlio 15enne era quello in condizioni (almeno fisiche) peggiori, denutrito e ferito. I genitori — persi nel mondo virtuale con il quale si riparavano da disagi assai più reali :—non si curavano del fatto che non mangiava abbastanza e che le scarpe gli erano diventate troppo piccole, almeno due numeri in meno di quello che avrebbe dovuto indossare, al punto da piagargli i piedi. Ha dovuto essere sottoposto a una terapia antibiotica e un lungo periodo di fisioterapia.

L’isolamento e l’impoverimento delle relazioni personali sono uno dei sintomi più comuni della «dipendenza da internet», insieme all’incapacità di distinguere tra mondo reale o mondo virtuale. La tendenza a recludersi è stata registrata come fenomeno di massa per la prima volta negli Anni 90 in Giappone, con il cosiddetto fenomeno degli hikikomori: gli adolescenti, per lo più maschi, che abbandonavano la scuola e si rintanavano nelle loro camere, rifiutando ogni rapporto con il mondo esterno.

Il caso pugliese si distingue però per il fatto che riguarda un’intera famiglia. «L’elemento di novità di questa storia è il coinvolgimento degli adulti, di entrambi i genitori — spiega il presidente dell’Ordine degli psicologi pugliesi, Antonio Di Gioia — Forse la spiegazione va cercata nella giovane età della coppia quando hanno avuto figli. Di certo a questa famiglia sono mancati punti di riferimento stabili, tali da consentire loro di confondere il reale con il virtuale».

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