mercoledì 25 marzo 2020

Coronavirus, esperti ancora divisi sul pangolino

Non c'è pace per il pangolino. Il piccolo mammifero corazzato torna ancora una volta sul banco degli imputati come corresponsabile, insieme al pipistrello, dell'origine del virus SarsCoV2: a chiamarlo in causa è uno studio americano guidato da Xiaojun Li della Duke University e consultabile su bioRxiv, il sito che condivide gli articoli scientifici non ancora revisionati per la pubblicazione su una rivista ufficiale.

I ricercatori, tra cui l'italiana Elena Giorgi del Los Alamos National Laboratory, riconoscono che i coronavirus dei pangolini hanno un genoma troppo diverso da SarsCoV2 per essere considerati progenitori. In compenso, però, conterrebbero una sequenza con le istruzioni per produrre la 'testa d'ariete' (chiamata Rbm) che aggancia il recettore Ace2 delle cellule umane: questa sequenza genetica è presente nel coronavirus umano e non nei coronavirus dei pipistrelli, considerati i 'parenti' più stretti di SarsCoV2. Da questo punto di vista sarebbe dunque plausibile che i coronavirus dei pipistrelli abbiano acquisito la sequenza Rbm attraverso la ricombinazione con i coronavirus dei pangolini.

Lo studio lascia perplesso Massimo Ciccozzi, che all'Università Campus Bio-medico di Roma: "dire che i genomi dei virus sono diversi ma si assomigliano per una piccola sequenza, è come dire che due persone sono gemelle basandosi solo sul colore dei capelli", commenta l'esperto, che col suo gruppo ha studiato l'evoluzione genetica di SarsCoV2 arrivando alla conclusione che l'origine sia da ricercare nel pipistrello.

Risolvere l'enigma non è una questione di lana caprina: come sottolineano gli stessi autori dello studio statunitense, capire l'origine di SarCoV2 potrebbe aiutarci ad evitare che nuovi coronavirus facciano il salto di specie ponendo a rischio la salute dell'uomo.


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