venerdì 22 maggio 2020

A rischio più di 220mila posti nelle grandi catene in Italia

Il 20% dei punti vendita della grande distribuzione non alimentare italiana è a rischio chiusura causa coronavirus. E l'implosione del settore rischia di "fare perdere il posto di lavoro a un numero compreso tra 220mila e 380mila persone a seconda degli scenari" - è l'allarme di uno studio sul comparto di The european house- Ambrosetti -, e di aprire un buco tra i 24 e i 32 miliardi nelle casse dello Stato per il mancato gettito Iva. 

"Una situazione così non ce la immaginavamo nemmeno nel peggiore degli incubi", sintetizza Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione. Supermercati e iper alimentari - rimasti sempre aperti - hanno per ora dribblato lo tsunami del Covid. Ma da Ovs a Zara, da Rinascente e Upim fino a decine di piccole catene, il resto del comparto fuori dall'oasi alimentare è stato travolto dalla tempesta perfetta, "senza paradossalmente finire nell'elenco dei settori in crisi stilato dal Cura-Italia" dice Gradara.

I problemi della logistica si sono sommati agli effetti del lockdown - "il fatturato 2020 di queste imprese registrerà un calo tra il 36,7% e il 49,4% del giro d'affari", calcola Valerio De Molli, managing partner di The european house-Ambrosetti - chi opera nell'abbigliamento e nella moda si è ritrovato in magazzino collezioni primaverili già pagate e impossibili da vendere.  E i grandi marchi di questo mondo - un po' trascurati nei primi interventi del governo - hanno lanciato il pressing sul governo per riuscire a inserire nel decreto Rilancio alcuni provvedimenti - dagli incentivi per la riduzione del costo degli affitti fino agli incentivi per i consumi - necessari per ridurre al minimo i danni collaterali della pandemia.


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