mercoledì 5 dicembre 2018

Botte e ricatti: ragazzino costretto a rubare per «pagare» il bullo

Prima di rivolgersi ai carabinieri, il genitore della vittima, un 13enne, ne ha parlato a scuola, ma a suo dire una professoressa, risentita anzi offesa, l’ha subito fermato sostenendo che in questo istituto, alla periferia sud di Milano, il «bullismo non esiste». Invece, come dimostrato dall’indagine degli stessi carabinieri sotto il coordinamento della Procura per i minorenni, il bullismo c’era e durava da parecchio tempo. 

Almeno dall’inizio del 2016, secondo quanto accertato dall’inchiesta culminata negli arresti domiciliari di un 14enne, nato a Milano, senza il papà. Nell’istituto «comandava» lui, a capo di una banda di cinque o sei «affiliati». Botte e ricatti, minacce ed estorsioni. In un clima crescente di persecuzione che ha portato quel 13enne ad avere attacchi di panico e rifiutarsi di andare a scuola.

Anticipando la «vendetta», i carabinieri hanno compiuto rapidi accertamenti a scuola, accertamenti che proseguono per verificare se ci siano stati altri casi e analizzare le posizioni degli «affiliati»; l’esame del cellulare del bullo, il quale non si era curato di cancellare gli sms intimidatori inviati al 13enne, ha aiutato a dare un seguito concreto alla denuncia del papà e al racconto di suo figlio. 

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